I mercati azionari americani proseguono la seduta in
rialzo e incrementano i guadagni, dopo che il presidente della
Federal
Reserve, Jerome Powell, ha promesso che la Banca Centrale Usa
agirá, se
necessario, per supportare l'economia.
Il Dow Jones avanza dell'1,76%, mentre l'S&P 500 dell'1,67%.
Il Nasdaq
Composite guadagna l'1,83%.
"Non sappiamo come o quando" i conflitti commerciali "saranno
risolti,
ma stiamo monitorando da vicino le implicazioni di questi
sviluppi
sull'outlook economico degli Stati Uniti", ha detto Powell,
sottolineando
che in ogni caso la Fed, "come sempre, agirá in modo appropriato
per
supportare l'espansione dell'economia", ha rassicurato
Powell.
"Personalmente tendo ancora a credere che l'economia americana
non
entrerá in recessione nei prossimi 12 mesi", commenta Adrien
Pichoud,
chief economist e portfolio manager di Syz Asset Management. Se
questa
prospettiva "fosse vera, allora non ci sarebbe bisogno e non
ci
aspetteremmo un ciclo di tagli dei tassi d'interesse da parte
della Banca
centrale americana". Tuttavia, "con un tasso d'inflazione"
lontano "dal
2%, il mercato si aspetta che la Fed metta in campo misure che
la
riportino sul valore target. Per cui un taglio dei tassi
potrebbe essere
giustificato in funzione di un aumento dell'indice dei prezzi al
consumo".
Il sentiment del mercato è migliorato in modo anche grazie
alle
dichiarazioni del ministero del Commercio Cinese, che ha
indicato come "le
divergenze con gli Stati Uniti in campo economico e commerciale
possono
essere risolte con il dialogo, a patto che questo si basi su
eguaglianza e
rispetto reciproco".
Dopo l'inizio delle tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti
lo
scorso anno, il mercato credeva che la mossa del presidente
americano,
Donald Trump, fosse stata decisa per estorcere un accordo alla
Cina,
dimostrare le sue abilitá di negoziatore e, successivamente,
per
dimostrare ai suoi elettori di aver mantenuto la promessa
elettorale 'make
America great again'", precisa poi Pichoud.
Tuttavia, quest'anno l'idea è diversa e "crediamo che potrebbe
non
essere mai raggiunta un'intesa tra i due Paesi e che potrebbe
nascere una
forma diversa di Guerra Fredda, intesa come la nascita di due
blocchi",
con gli altri "Paesi del mondo che non potranno" avere rapporti
con
Washington e Pechino allo stesso tempo, conclude
l'economista.
"Crediamo che la prima conseguenza delle nuove offensive
commerciali del
presidente Trump sia quello di ridurre i tempi prima che la
Fed"
intervenga a sostegno dell'economia", afferma Steven Blitz,
economista di
TS Lombard. Secondo l'esperto, "anche con un accordo, l'effetto
ritardato
dei conflitti si sommerebbe allo svanire degli stimoli fiscali,
colpendo
l'economia Usa".
Ieri il Nasdaq ha perso circa l'1,6%, dopo che il dipartimento
di
Giustizia usa, secondo indiscrezioni di stampa, potrebbe
lanciare
un'inchiesta antitrust su Google e Apple mentre la Federal
Trade
Commission potrebbe indagare su Facebook e Amazon.
Tornando al fronte commerciale, il Messico sta valutando
possibili
ritorsioni alla minaccia di tariffe statunitensi su tutte le
sue
esportazioni nonostante ritenga che una soluzione negoziata
sarebbe la
soluzione migliore nell'interesse di entrambi i Paesi. La
reazione
messicana "è significativa, perchè segna una svolta
nell'offensiva
commerciale americana", commenta Robert Carnell, chief economist
and head
of research for Asia-Pacific di Ing, sottolineando come finora
gli Usa
hanno imposto dazi su numerosi prodotti e Paesi "senza suscitare
risposte
significative, una dinamica che ha sostenuto il dollaro".
Tuttavia,
prosegue l'esperto, "questa dinamica non può proseguire
all'infinito e il
biglietto verde potrebbe perdere terreno se gli altri Paesi
decidono di
averne abbastanza".
Sul fronte macroeconomico, le vendite al dettaglio delle
catene
nazionali Usa nella quarta settimana di maggio sono aumentate
dell'1,4% a
livello mensile. Rispetto all'analogo periodo dello scorso anno,
le
vendite sono invece cresciute del 5,5%.
Inoltre, gli ordini alle imprese americane sono diminuiti dello
0,8% m/m
ad aprile, peggio del consenso degli economisti, che si
aspettavano un
calo dello 0,7% m/m. Gli ordini alle imprese ex trasporti sono
invece
aumentati dello 0,3% mentre quelli ex difesa sono calati dello
0,9% m/m.
Il dato sugli ordini alle imprese di marzo è stato poi rivisto
da +1,9% a
+1,3%. Infine gli ordini di beni durevoli di aprile sono stati
invece
confermati al -2,1%.
"Il dato odierno evidenzia come le aziende siano diventate
riluttanti ad
andare avanti con grandi acquisti e piani d'investimento", a
causa delle
incertezze relative al commercio, afferma Jennifer Lee di Bmo
Capital
Markets.
Sul fronte valutario, il cambio euro/usd tratta a 1,1244.
Sull'obbligazionario, il rendimento del T-Note a due anni è del
1,90% e
quello del decennale a 2,137%.
voc/lus
(END) Dow Jones Newswires
June 04, 2019 13:01 ET (17:01 GMT)
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