Comer Industries: da preda a predatore (Mi.Fi)
August 08 2022 - 3:08AM
MF Dow Jones (Italian)
Archiviata da poche ore con numeri superiori rispetto alle
attese degli analisti la semestrale che per la prima volta
consolida i risultati della tedesca Walterscheid Powertrain Group,
Comer Industries inizia a ragionare sull'opportunità di pianificare
nuovo m&a nella seconda parte dell'anno.
Facendo leva sul più ampio perimetro di gruppo, scrive Mf-Milano
Finanza, l'azienda emiliana specializzata nella progettazione e
produzione di sistemi ingegneristici e soluzioni meccatroniche per
macchine agricole e industriali ha archiviato la prima metà
d'esercizio con ricavi consolidati che raffrontati con il pro forma
al 30 giugno 2021 sono cresciuti del 19% a 633,7 milioni, mentre
ebitda adjusted ed ebit si sono rafforzati del 31,5% e del 51% a
84,1 e 62,2 milioni. L'ultima riga del conto economico vede poi un
utile netto più che raddoppiato da 22,6 a 48,1 milioni. Quanto allo
stato patrimoniale, la posizione finanziaria netta è a debito per
125,3 milioni, stabile rispetto ai 120 milioni di fine 2021.
Questione di porte girevoli. La partita Wpg avrebbe potuto avere
un esito differente. «In origine fu One Equity Partners (il fondo
che controllava Walterscheid Powertrain Group, ndr) a bussare alla
nostra porta, con l'intento di comprarci», rivela a Milano Finanza
il presidente e ceo di Comer Industries, Matteo Storchi. «Noi però
non avevamo alcuna intenzione di passare la mano e a nostra volta
ci siamo offerti di rilevare Wpg, sfruttando anche il fatto che
negli ultimi anni l'azienda tedesca, nostra diretta concorrente,
aveva visto diversi fondi di private equity avvicendarsi al
controllo». Il risultato è stato che One Equity Partners ha accolto
la proposta, accettando in pagamento un mix carta-cash che ha
diluito il fondo al 28% nel nuovo conglomerato lasciando il
controllo nelle mani degli Storchi. Al fianco di Matteo oggi nel
gruppo lavora anche il cugino Cristian, vicepresidente, mentre il
fratello Marco siede in cda. I tre imprenditori rappresentano la
seconda generazione alla guida dell'azienda, radunati nel veicolo
Eagles Oak a cui fa capo il 51,05% di Comer Industries. Oltre al
già citato One Equity Partners al 28%, tra i soci rilevanti figura
anche Finregg, scatola societaria che riunisce la prima generazione
degli Storchi e che detiene il 5,93% delle quote. Il flottante di
mercato è al 15,02%.
Due progetti nel cassetto. In un anno in cui numerose realtà
quotate hanno avviato buyback ricomprando azioni proprie sul
mercato gli Storchi pensano di muovere nella direzione opposta.
Entro i prossimi 12 mesi il gruppo punta infatti a trasferirsi nel
segmento delle mid cap di Piazza Affari, abbandonando il listino
delle capitalizzazioni sottili, l'Egm, che dopo l'operazione
Powertrain inizia ad andare stretto. Il che implicherà un
incremento del flottante, attorno al 25%. Come avverrà? Diverse le
opzioni sul tavolo, «ma quel che è certo fin d'ora è che la mia
famiglia non scenderà di un'azione», assicura il top manager.
Il secondo tema nevralgico è quello legato a ulteriori
operazioni d'm&a che l'azienda potrebbe mettere in cantiere
entro fine anno. «L'integrazione con Wpg sta procedendo molto bene
grazie alla fattiva collaborazione con tutti gli stakeholder
coinvolti e ora ci sono ambizioni da consolidare», ammette Storchi.
Che traccia un identikit dei possibili target: «ci piacerebbe
comprare un po' di tecnologia al di fuori della meccanica che resta
comunque il nostro core business. Penso ad esempio al comparto
della sensoristica». Quanto alle geografie considerate più
interessanti, il capo azienda indica Usa, India e Brasile, aree in
cui Comer Industries è già oggi presente. In merito alla dimensione
delle possibili prede, il ceo ha infine spiegato che «non è un
problema di dimensioni quanto piuttosto di completamento della
gamma prodotti». Il gruppo pensa di destinare all'm&a tra 30 e
35 milioni della cassa che conta di generare nella seconda parte
d'anno. Il tutto senza deviare dalla traiettoria di contenimento
progressivo del costo del debito («l'obiettivo è generare cassa per
almeno il 30% dell'ebitda») né penalizzare gli azionisti («non
abbiamouna vera e propria politica sul fronte della remunerazione
dei soci, ma dall'ipo nel 2019 abbiamo sempre riconosciuto un
dividend yield tra 1,5 e 3%»). Tanto meno riducendo gli
investimenti previsti, che per il 2022 ammontano al 3% del
fatturato atteso. «Siamo un'azienda capex expensive e il 50% circa
degli investimenti sono di tipo manutentivo, come tali non
procrastinabili nel tempo. In caso contrario si corre il rischio
concreto di perdere competitività».
Schivata la tagliola russa. Ironia della sorte, l'Antitrust di
Mosca è stata quella che più ha fatto penare l'azienda italiana
nella partita Wpg. «Il regulator si è preso fino all'ultimo giorno
per darci l'ok, chiedendo integrazioni documentali. Poi tre mesi
dopo il via libera sono arrivate l'invasione dell'Ucraina e le
sanzioni». Conti alla mano, lo stop sui mercati russo e ucraino
pesano per non più del 2% sul fatturato. Anche le interruzioni
delle catene d'approvvigionamento non hanno avuto particolari
ripercussioni. «La nostra strategia prevede di essere indipendenti
dal punto di vista manifatturiero in ogni regione in cui siamo
presenti»
alu
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0808:52 ago 2022
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August 08, 2022 02:53 ET (06:53 GMT)
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