Tra le strade al vaglio di Unicredit per "sistemare" gli asset
russi c'è anche la cessione della controllata Ao Unicredit a un
soggetto russo fuori dalla lista delle sanzioni per una cifra
simbolica sullo schema di quanto fatto nelle scorse settimane dalla
francese Societé Generale.
E' quanto confermano fonti a MF-Dowjones a valle delle
indiscrezioni stampa. Le fonti aggiungono che ci sono stati già
alcuni colloqui informali nei giorni scorsi con più soggetti che
potrebbero essere interessati all'acquisto dell'asset. Le
interlocuzioni tuttavia non hanno ancora trovato uno sbocco
definitivo anche a causa del contesto incerto e delle sanzioni che
non solo complicano trattative di questa natura ma mettono fuori
gioco soggetti potenzialmente interessati. La banca non
conferma.
Gli altri scenari possibili sono la nazionalizzazione (via che
il Governo non sta perseguendo al momento e che sembra complicata
se non improbabile) o la chiusura dell'attività, scenario al
momento da escludere viste le conseguenze finanziarie e sociali che
comporterebbe.
Come detto un'altra banca Ue ha percorso la strada della vendita
a un privato: a poco più di un mese dell'invasione russa
dell'Ucraina Societé Generale ha deciso di cedere la propria quota
in RosBank e nella controllata assicurativa a Interros Group,
società di investimento fondata dal miliardario Vladimir Potanin,
già azionista di RosBank prima di SocGen.
La mossa è stata facilitata da due fattori: il fatto che RosBank
non fosse nella lista nera delle sanzionate né esclusa dal circuito
Swift e il fatto che ci fosse un azionista storico dell'istituto
pronto a comprare la partecipazione nonostante la situazione
geopolitica. Nel caso specifico si tratta dell'oligarca russo con
un patrimonio netto di 26 miliardi di dollari, presenza di spicco
nell'esecutivo dell'ex presidente Boris Eltsin, proprietario di un
terzo della Norilsk Nichel, azienda leader mondiale nella
produzione di nichel d'alta qualità. Si vedrà quale sarà al
controparte di Unicredit.
Più difficile la strada per Alpha Bank controllata da Abh
Holdings di cui Unicredit detiene il 10%, in quanto l'istituto
risulta tra quelli sanzionati. La dismissione era stata decisa già
lo scorso novembre e doveva essere chiusa per marzo ma
l'imposizione di sanzioni contro Mosca per l'invasione in Ucraina
ha frenato il deal e al momento non si vedono passi in avanti per
questa dismissione (complicata anche dal fatto che la banca è
soltanto partecipata).
Intanto la realtà guidata da Andrea Orcel già a metà marzo aveva
detto che stava effettuando una revisione urgente del business in
Russia e allo stesso tempo - a seguito dell'invasione dell'Ucraina
e delle sanzioni europee applicate - già considerava l'uscita dal
Paese.
L'istituto di Piazza Gae Aulenti è presente in Russia dal 2005 e
ha istituito di recente un team di esperti dedicati che hanno
definito piani di emergenza per proteggere il personale operativo
nell'area, i clienti in tutta Europa e gli azionisti.
In base ai dati comunicati a marzo Unicredit Bank Russia ha una
posizione creditoria autofinanziata di 7,8 miliardi di euro a fine
2021, Rwa (attività ponderate per il rischio) di 9,4 miliardi di
euro e un patrimonio netto di 2,5 miliardi di euro. Al netto delle
coperture sui cambi, l'esposizione diretta a Unicredit Bank Russia
si riduce a circa 1,9 miliardi di euro.
Nelle scorse settimane la banca - attraverso un'ampia disclosure
al mercato - ha fatto sapere che l'esposizione cross border nei
confronti della clientela russa è attualmente di circa 4,5 miliardi
di euro, al netto delle garanzie di circa 1 miliardo di euro da
parte di Export Agencies pubbliche non russe, e rappresenta circa 3
miliardi di euro di Rwa.
L'esposizione è quasi interamente verso le principali
multinazionali russe, per lo più in euro e dollari, con
contratti
regolati da leggi internazionali e soggetti a tribunali
internazionali.
Le controparti impattate dalle sanzioni rappresentano meno del
5% della
esposizione cross border complessiva. Le principali esposizioni
del
portafoglio sono per circa il 30% verso il petrolio e il gas,
circa il 20% ciascuno verso i trasporti e i macchinari &
metalli, circa il 10% verso i prodotti chimici, circa l'8% verso le
istituzioni finanziarie e la parte residua verso un mix di altri
settori.
L'istituto, inoltre, ha un'esposizione mark-to-market in
derivati verso
le banche russe di circa 300 milioni di euro, al netto del
collaterale. La massima perdita potenziale nel caso in cui il
valore del Rub si approssimi allo zero è di circa 1 miliardo di
euro.
Nello scenario estremo, in cui la totalità della massima
esposizione
non possa essere recuperata e venga azzerata, l'impatto sul Cet
1 ratio di Unicredit a fine 2021 (15,03%, che sconta il dividendo
maturato nel 2021 per 1,2 miliardi di euro) sarebbe di circa 200
punti base. La posizione di capitale consentirebbe di assorbire
questo impatto senza scendere al di sotto del 13%.
Sebbene questo scenario estremo non venga considerato come caso
base,
l'approccio alla distribuzione è prudente e sostenibile. La
banca ha
quindi confermato il dividendo in contanti proposto per il 2021
di 1,2
miliardi di euro, mantenendo un Cet 1 ratio superiore al 13%
anche nello
scenario peggiore.
I target Cet 1 capital ratio si mantiene all'interno
dell'intervallo del 12,5-13%. Dopodomani, in occasione della
presentazione dei risultati finanziari, è atteso qualche
aggiornamento in proposito.
cce
MF-DJ NEWS
0310:16 mag 2022
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May 03, 2022 04:17 ET (08:17 GMT)
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